giovedì 8 marzo 2007

La grande truffa della Fumetteria

(tratto da "Memorie dell'Arte Bimba")

Mi riservo di apportare modifiche ed integrazioni se e quando riuscirò ad aggiornare le mie conoscenze su questo mondaccio. State nel tonno...

[...]
Diventiamo Editori, dai...
Farsi male (molto) col distributore.


Se vi siete stufati di stare sotto cappella, di dover chiedere tremuli “Permesso, si può?” ogni volta che entrate in una redazione, se semplicemente non vi va di avere un padrone e desiderate governare le cose a modo vostro senza i mi-mo-ma di nessuno, esiste la strada dell’autoproduzione.
Un tantino provati dalle estasi dell’Autore di Fumetti, volete provare ad assaggiare una buona volta, almeno una volta, il Potere: diventare Editori di voi stessi, farvi fare anticamera, tenervi sulle spine, guardarvi scuotendo la testa, scorrere con due dita le vostre tavole e, con quel sorrisino imbecille che tanto odiate negli altri, offrirvi quattro svanziche insultanti. Vi capisco. Figuriamoci se non vi capisco: ho sorrisino così per anni.
Dunque Editori, eh? Oltre ai litigi redazionali con voi stesso su che cosa scrivere/dire/disegnare, o sui litigi con vostro padre su chi deve pagare la tipografia, dovete prendere subito coscienza del primo vero problema: come fare perché il vostro giornalino, che secondo voi è il migliore del mondo, non scompaia dalle edicole o da qualsiasi altro punto vendita già il primo giorno?
Esiste un unico metodo. Subito dopo esservi nominati Editore, dovrete trasformarvi in Responsabile della Diffusione.
Scoprirete l’Inferno.
Ammettendo che siate riusciti a convincere un distributore locale – ma meglio Nazionale, perchè siete bravissimi e per voi nulla è mai abbastanza ottimo – della bontà delle vostre proposte d’Autore e della vostra serietà Manageriale (regolarità nelle consegne del materiale e saldissima tenuta nel tempo della vostra Ditta) – subito, ad avventura neppure iniziata, scoprirete con pochissime telefonate che certi distributori locali non si sono nemmeno presi la briga di mandarvi in edicola, e hanno riconsegnato l’intera vostra fornitura il giorno stesso, marchiata sui loro tabulati come “Invenduto”. Altri dichiareranno “mancanze” catastrofiche – scomparse, furti, regalie ed altri accidenti. Quasi nessuno infine fornirà cifre attendibili sul venduto, sul reso, o su altro, cosicché sarà impossibile sapere con certezza e tempestività se siete stati un miserabile flop o se avete riscosso uno strepitoso trionfo.

R
icominciamo. Che cosa stracavolo è un distributore locale? Pur essendo riusciti con inenarrabili miracoli d’eloquio, carisma, caffè e camparini fatti venir su dal bar, a sottoscrivere un contratto con un unico Distributore Nazionale (Rappini, diciamo), cui fornirete l’intera tiratura, la vostra creatura sarà poi da questi rinviata a diecine e diecine di suoi manutengoli, i distributori provinciali, che a loro volta la ridistribuiranno alle edicole delle singole province.
In questo passaggio tutto è incerto: i tempi della spedizione, quelli dello smistamento dal magazzino centrale di Pappini ai magazzini periferici dei distributori locali, il tempo impiegato da questi ultimi per arrivare in edicola, le copie effettivamente distribuite sul totale di quelle fornite.
Così, se da Eroico Editore, e impegnandovi casa auto e moglie, avete fatto tirare diciamo venticinquemila copie – so che oggi è una cifra inverosimile, ma la fantascienza mi è sempre piaciuta moltissimo, fatemela usare almeno in questo scenario – e ne avete vendute dieci/dodicimila, non saprete se le rese (le copie invendute) sono effettivamente una rimanenza delle edicole, o invece interi bancali che alla facciaccia vostra non si sono mai mossi dal magazzino provinciale.
Né potrete sapere quando andrete in edicola. A Roma uscirete poniamo il mercoledì, ma a Firenze magari il venerdì seguente, ad Ancona solo il lunedì, forse a Napoli mai… e nella meridionale Sicilia? E nel lontanissimo, montagnoso Alto Adige?
Dovrete studiare continuamente questo tipo di problemi. E risolverli, ovviamente, se no che cosa li studiate a fare?
A mano a mano che il vostro giornale diventa sempre più popolare – chiamiamolo, tanto per fare gli stupidini, Io, FS! – gli ostacoli appena descritti (tempi, dati incerti e rese improprie…) diventeranno catene pesanti, che impediranno di rispondere alla domanda dei potenziali lettori, e dovrete allora cominciare ad escogitare sistemi per controllare il distributore, prima attraverso una serrata indagine telefonica presso i distributori provinciali, poi attraverso l’allestimento di spedizioni a hoc.
Questo impegno puntuale e ossessionante darà i suoi frutti. Naturalmente avete già cominciato a scordare come si fa a disegnare, ma adesso vi è venuta la fotta del manager, perciò andiamo pure avanti…
Le prime copie, appena stampate in tipografia, invece di consegnarle a Rappini le farete caricare in piena notte su macchine da voi organizzate, ma in coordinamento con Rappini, che viene sì alleggerito di una parte dei suoi compiti contrattuali, per i quali ha firmato, ma conserva i suoi guadagni su tutto. In altre parole, già con questa mossa gli state consegnando denaro extra contratto. Il suo grazie non lo sentirete mai.
Le macchine partiranno alle due, tre di notte verso le località più lontane (Sardegna, Calabria, Trentino, Valle d’Aosta), e quando verso l’alba la tiratura si andrà completando, farete partire quelle per le regioni relativamente più vicine; solo all’ultimo darete il via alle copie per le regioni, ehm, sotto casa.
Però, ancor prima che questa baraonda frastornante di rotative, camioncini, tempi, caffè, sigarette, benzina, clangori, sonno, caffè, scoregge, caffè e crepacuore vi maciulli, dovrete aver stipulato un accordo con qualche piccolo quotidiano­ – La Squilla del Meridione Irredento, mettiamo – eventualmente stampato nella stessa tipografia che ora sta stampando voi, per approfittare dei suoi camioncini e delle sue tirature. Organizzerete le cose cioè in modo da uscire, almeno in parte, insieme alla Squilla: in quanto quotidiano, ha piccoli privilegi di priorità presso i distributori locali, ma sarà contento di dividerli con voi perchè fino a quel momento ha dovuto comunque rinunciare ad uscire in alcune località per l’impossibilità di raggiungerle in tempo. E voi volete anche quelle lontane piazze. Dunque migliorando la vostra diffusione migliorerete anche quella della Squilla. Inoltre è un accoppiamento che permette di ridurre le spese aggiuntive provocate da tutte ‘ste macchine notturne. Con quel che costa la nafta, ormai…
In seguito l’idea di accompagnarsi a una distribuzione quotidiana la svilupperete coinvolgendo in un accordo simile anche un qualche giornalone importante, mettiamo il Corrierino dello Sportivo, utile per arrivare almeno in certe province irraggiungibili, dove lui può, e voi no. La cosa non sarà affatto semplice anche perché, se vi siete fatti beccare in precedenza a disprezzare con atti e parole chessò, il Circo del Calcio, mettiamo, il suo stupido e gonfio direttore Giorgino Tosati vi querelerà per terrorismo e attentato alla Costituzione, e non vorrà collaborare, essendo morto dentro e fuori.
Questi accorgimenti saranno possibili solo perché il volume complessivo delle vostre tirature é nel frattempo cresciuto dalle ventimila del primo periodo alle cinquantamila. Il vostro Io, FS! ha raggiunto la notorietà, e con essa il rispetto. Lo sapevate fin dall’inizio, ne eravate certi da sempre, ma le verifiche e i riscontri sono importanti, oggidì.
Rimanete pur sempre un Manager dei più fini, e meritate, volete di più. La possibilità stessa di arrivare ad una frequenza addirittura settimanale sarà legata allo strepitoso successo del giornale, divenuto popolarissimo. Senza questa incredibile crescita della domanda, Io, FS! sarebbe scomparso da un pezzo, senza mai raggiungere neppure un frammento dei suoi lettori potenziali.
A voler essere precisini, si potrebbe dire che siete riusciti a vendere tanto perché avreste potuto vendere molto, molto di più.
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Un “grande editore” al vostro posto non avrebbe difficoltà a tirare anche un milione di copie, e venderne magari sei/settecentomila. Voi invece avete raggiunto, con un lavoro frenetico, notturno e avventuroso, il massimo delle vostre possibilità pratiche, tipografiche e distributive: il numero 79 di Io, FS! – quello famoso, quello con la resa della Terra a FS – è riuscito a distribuire circa 150 mila copie, vendendole quasi tutte, ma non irradiate lampi di felicità perchè sapete che se aveste potuto tirare/distribuire un milione di copie probabilmente le avreste esaurite. Ma non è stato possibile, per le ragioni che ho detto.
E qui sta anche una delle ragioni strutturali del declino successivo cui andrete incontro. Infatti, quando la domanda del pubblico, il suo interesse e curiosità per voi, chiamiamolo pure Amore, smetterà di crescere e si stabilizzerà, diventerà impossibile capitalizzare tutto il vostro bacino di vendite potenziali ed anche effettive.
Una lieve flessione nelle vendite, la prima accidentale caduta da 140.000 copie settimanali a sole 100.000 per colpa, poniamo, di un golpe in Uganda, e successivo Terrorismo Universale proclamato dagli USA, sarà infatti esiziale per l’intera vostra complicata macchina distributrice.
Come potranno partire certi speciali bilichi notturni se il trasporto, poniamo per il Piemonte, non sarà più di venti, trentamila copie, ma solo di diecimila?
L’aumento dei costi di distribuzione per singola copia diventerà esponenziale e dovrete pertanto alzare il prezzo, con conseguente abbassamento ulteriore della diffusione. E così via, in una spirale di diminuite ambizioni territoriali e odiosi rialzi di prezzo, che rapidamente diventerà una discesa inarrestabile, fino a ridurre la tiratura prima a novantamila copie, poi tra le sessanta e le cinquantamila copie settimanali.
Quantità comunque significative, in quest’Italia, anche se paradossalmente ben inferiori alla vostra vendita potenziale, assai più alta ma, come ho cercato di spiegare, impedita da un ciclo al ribasso che si autoalimenta, indipendentemente dalla vostra genialità nell’inventare numeri straordinari (il mitico numero 100, quello con F.S che si arrende alla Terra, e la copertina col quinto colore!).
Pappini il Turpe comincia a darvi la baia, e a far dispetti.
Punto 1
Se
parliamo di distribuzione nazionale, il Distributore Nazionale è una società per delinquere molto grande, che distribuisce centinaia, migliaia di cose orrende e stupide.
In Italia esistono tre o quattro, massimo cinque grandi società che possano accettare di distribuire un giornale, o rivista, o rivista + DVD su scala nazionale, con un minimo di serietà. Il resto è solo un’avventura disperata con qualche mascalzone che non vi farà mai vedere mezzo euro.
Punto 2
Il
distributore non perderà mai un soldo per voi. Normalmente guadagnerà sulla fornitura, sul venduto e sulla resa, oltre a farsi pagare in extra una parte dei suoi costi. Ecco perché ad esempio, appena gli entrate negli uffici con le vostre proposte, si permetterà di suggerirvi, dall’alto di un’invidiabile esperienza del mercato, e dei polli, quale dovrà essere la tiratura iniziale del vostro giornalino. Strabilierete alle cifre che sparerà, e probabilmente se gli deste retta fino in fondo non basterebbe la carta dell’intero pianeta, ma ora che ve l’ho detto sapete quale senso dare ai suoi numeri.
In realtà il distributore è indifferente al successo o all’insuccesso di una pubblicazione. Per lui non conta quanto vendete, ma quanto distribuite e quanto lui distribuisce in totale con le pubblicazioni di cui è distributore.
Punto 3
In
un primo tempo, salvo che le vostre boiate non vadano subito talmente sotto nei rapporti fornito/venduto da farvi scaricare al volo come appestato, il distributore ha interesse che crediate quanto tutto stia andando bene; tira, cioè, a ingannarvi.
La catena delle operazioni è questa: voi, il cosiddetto Editore, pagate tutto quanto, dalla tipografia al taxi che vi ha portato nei suoi uffici in noce del Tibet; il Distributore deve solo poter amministrare con nervi distesi il prodotto finito e consegnato, e provvedere a farlo arrivare ai distributori locali, ai quali lo fattura, di solito con scadenza a un mese. Dopodiché, a tempo debito, i distributori locali comunicano un rendiconto delle rese e del venduto al Distributore Nazionale. Il Distributore Nazionale Pappini perciò incassa subito, e si trattiene subito tutto quello che è stato stabilito nel contratto con Voi, ma vi dà il resto, se c’è, dopo tre, o quattro, o cinque o sei mesi, detti anche a novanta, a centoventi, a centocinquanta, a centottanta giorni, quest’ultima essendo la formula di pagamento di gran lunga più praticata in Italia, paese di temporeggiatori e morti di fame.
Se per caso l’incasso fosse inferiore alle sue trattenute – ma non è un caso, è la regola – il Distributore ve lo fattura come “liquidazione negativa”. Si rifarà sul prossimo numero da liquidare, o potrà chiedere i soldi subito; dipende solo da quanto gli convenga strangolarvi dopo tre mesi, sei mesi, un anno.
Punto 4
ATTENTI
- In ogni contratto di distribuzione, in genere stampato dalla prima all’ultima pagina in un microscopico corpo 6, a volte in flebile azzurrino, a volte in grigino diafanissimo, su cartavelina semitrasparente, vedere per credere, è prevista una clausola di risoluzione: il distributore, con una semplice raccomandata, può smentire in qualsiasi momento il contratto, disdirlo, con il teorico preavviso di un solo numero, se già in consegna. Non è tenuto a fornire motivazioni. Ma ve le fornisco Io: in un qualche modo cretino avete fatto arrabbiare uno potente, uno qualsiasi, che gli ha dato un colpo di telefono e ha suggerito sommesso alcune contromisure. Come il fumo, svanite appena qualcun altro agita la mano.
Voi invece non potete liberarvi dal distributore se non con un lungo preavviso, che può essere da lui sfruttato per “saldare i conti” come gli pare. Il punto 4 si può riassumere dicendo che voi e le vostre sfide a fumetti non contate un tubo.
Punto 5
N
on essendo garantite da alcunché, meno che mai dalle proiezioni di vendita del distributore, che, come spiegato, sono inattendibili, le future liquidazioni non possono essere considerate base per alcun credito bancario, anticipazioni ecc. Non potete rabbonirci nemmeno il più mite dei vostri creditori, poiché non sono monetizzabili in alcun modo, prima di averle lì sul tavolo, verdi e corporee.
Le liquidazioni diventano infatti reali, ma non ancora definitive – poiché il distributore può ancora attribuirvi il costo di rese dei numeri precedenti sulle liquidazioni dei numeri seguenti, la mortale resa ritardata – solo nel momento in cui il distributore le dichiara tali. Riassumendo, il punto 5 ha esattamente la stessa morale del 4.
Punto 6
Nel pianificare una distribuzione è essenziale preparare un Magazzino Rese, in cui riordinare le copie che tornano dalle edicole, mandandone al macero una quantità coerente con le politiche commerciali e culturali che si vogliono perseguire, e conservando solo le copie di cui si pensa di aver davvero bisogno. Il magazzino è un costo che andrebbe, va obbligatoriamente aggiunto al costo complessivo della vostra pubblicazione, ma sull’onda degli entusiasmi iniziali si tende a dimenticarlo. Tanto, vi dite, venderò tutto tuttissimo, che bisogno ho di affittare costosi capannoni nella lontana periferia, così uggiosa in inverno, e polverosa in estate? Poi porta male, le rese, brrr… macché macché.
Errore. Un vero manager non è né un presuntuoso, né un poeta. Sta nel mezzo: è un poetico presuntuoso capace di anticipare ogni scenario, disposto a trar partito anche dalle sconfitte più vergognose.
Punto 7
Nauseata da queste trippole e da queste trappole, la maggior parte dei grandi Editori ha ormai messo in piedi una Distribuzione propria, e nulla devono più al Fattorino pel recapito: l’hanno capita. Sono rimasti solo i nani come voi: strame e lettiera per i sigg. Distributori Pappini, ai quali sempre augurerete Buon Appetito appena entrerete nei loro sontuosi uffici in radica della Martinica e segretarie khazuriane nude. Chiedetevi chi sta pagando il loro lusso.
Luce da Luce.

Allora? Solo inferni? Niente paradisi?
Per non farsi sbranare, l’unica soluzione è saltare di pacca il circuito delle edicole, e tentare col circuito delle fumetterie, librerie specializzate nella vendita di soli fumetti. Bisognerà prima aver fatto un bagno di realtà, e aver deposto qualsiasi velleità di parlare alle masse, convincendoci che il pulpito puntiforme della fumetteria di quartiere è l’unico al quale possiamo adire.
Non bisogna storcere il nasino, o vergognarsene: come i pulmini gialli delle scuole, i girotondi nudi, i rave, i deficienti ricchi alla Presidenza, anche la Fumetteria è un’invenzione americana, della metà degli anni ’70, che dobbiamo ad un amico e tifoso di Will Eisner, un certo Phil Seuling. Americana, dico, e quindi possiede il crisma della centralità, non l’olezzo della periferia. Gli americani sono, nel bene e nel male, l’avanguardia di tutto, hanno assaggiato tendenze e hanno sperimentato soluzioni ben prima che gli stessi nodi si presentassero da noi, perciò, proprio perchè avanti di trent’anni in un qualsiasi argomento di conversazione si scelga alle feste - astronavi, balle, torture, carità, droghe, negri, carceri segrete, computer - conviene seguirne le tracce. Seguendo l’apripista a qualcosa si arriva, e non è sempre detto che sia un burrone. Farete ad esempio una gran figura se nel bel mezzo della serata e del salotto direte “Vedrete, anche noi fra trent’anni esporteremo la democrazia in Campania. Poi toccherà alla Calabria, regione canaglia. Eeppoi alla Sicilia, l’Impero del Male”.
I due principali distributori alle fumetterie sono PAN (che è poi la Panini di Modena) e Pegasus, di Napoli. La PAN ha un occhio di riguardo per gli editori un pochino più grossi – avendo avuto in catalogo la Marvel, per la Panini concorrenza è una parola sconcia – e tende a sfanculare i microbi. Il gran cuore napoletano fa sì che la Pegasus sia un pochino più clemente nei confronti di proposte pazze, strane, nuove, micro. Un pochino.
Entrambi stampano e fanno circolare un proprio catalogo mensile, “Anteprima” e “Mega” rispettivamente. Sono identici, e infatti chi entra in fumetteria ne sfoglia uno a caso, e solo quello. In ciascuno di questi doppioni, che quasi nessuno compra, perché vengono più di 2 € e sono di libera consultazione sui banconi vicino alla cassa, sono presentate, con un anticipo di circa tre mesi, le uscite delle case editrici italiane, assieme ad un po’ di roba francese. Obviously, in questi zibaldoni si trovano esaustive sezioni dedicate ai fumetti della Galassia Madre, i cosiddetti comics, in gran parte Marvel/DC, e alle cianfrusaglie loro collegate, come le figurine, le magliette e le “action figures” – sculturine carissime, alcune belle ma appartenenti tutte al mondo della Megaidiozia, culturalmente utili solo se volete montarvi diorami da copiare sino allo sfinimento (v.). Per ordinare roba USA molti negozi si sono dotati anche del grassissimo catalogone "Prewievs", a sfogliamento gratuito pure lui.
Sulla copertina di questi cataloghi si potrebbe ragionevolmente aggiungere “Tutto per rimbecillire in casa e non uscire mai”. Ma i commercianti non sono né ragionevoli, né spiritosi. Vogliono i vostri soldi, e questo li rende seri come lupi in inverno.
In che modo funzionano le Fumetterie?
I due principali cataloghi dei due principali distributori – assieme ad altri cataloghini vorrei-ma-non-posso – arrivano nelle fumetterie, che vagliano le novità e inviano gli ordini. Poi, via spedizioniere, i distributori consegnano, le fumetterie pagano, sballano la merce e la espongono nei loro bei rack. Niente a che vedere col vecchio inferno delle edicole, filosoficamente diversissime. Conoscendo in anticipo il numero dei propri clienti paganti, i gestori possono ordinare quasi sul sicuro, evitandosi pile di albi invenduti. Quelli svegli, almeno, che non hanno effettuato scelte troppo cervellotiche, o troppo casuali.
Tanto per sottolineare le differenze esistenti tra edicola e fumetteria, solo in quest’ultima è possibile servirsi della “casella”, una sorta di casella postale riservata ai clienti che la richiedono, nella quale il Fumettaio depone gli arrivi concordati, in genere le collane seriali che escono ad ogni minuto dell’anno, o Specials una tantum. A scadenze variabili, il tizio che si è intestato la casella passa in negozio, urla C’è Posta Per Me?, paga e ritira il bottino accumulatosi dalla sua ultima visita. I veri Maniacs è così che marciano: raramente consultano i due cataloghi gemelli, sanno in anticipo quel che vogliono, e il materiale esposto in negozio gli interessa ancor meno. Quella è roba che semmai interessa al restante 95 % dei Bimbi Clienti, che pure disdegnano i cataloghi e hanno occhi bavosi solo per l’esposizione: per questo tipo di avventori la fumetteria non è che un’edicola specializzata, e se s’innamorano di una cover, è fatta. Ho comprato in un colpo unico le quattro uscite delle Teenage Mutant Ninja Turtles solo per le muscolose copertine di Glenn Fabry, non certo per il pietoso pasticcio bianco e nero all’interno (Eastman e Laird i colpevoli), e di sicuro non perché un catalogo me le avesse consigliate. Viste, prese. Ma va anche aggiunto che allora avevo soldi; oggi Eastman e Laird sconfiggerebbero Fabry, io tornerei a casa e mi farei da me il mio Old Straight Italian Headfucker, tanto per dire. Se ne avessi voglia, tanto per dire.
I pochi savants che si prendono la briga di consultare i cataloghi da cima a fondo sono i veri cacciatori di leccornie, e se qualcosa in quelle pagine li colpisce la segnalano al Fumettaio, convincendolo, spronandolo, invertendo quasi il classico rapporto Libraio - cliente delle librerie mainstream, sostanzialmente perché sanno di avere di fronte un negoziante abbrutito dalle bollette e dall’ignoranza. Certo un Genio non si ficca in bottega a vender fumetti. Se ne sta in casa, e li fa. Il Fumettaio si segna la richiesta del Maniaco, e quando arriva il pacchettino lo depone in casella, ma intanto ha anche ordinato tutto quel che gli è parso. Se ha operato a naso le sue scelte ha bisogno dei nostri migliori auguri.
I clienti ordinari non compilano tagliandi, richieste, prenotazioni obbligatorie, poiché di solito sono in balìa di quel che vedono esposto. E ne sono in balìa perché il Fumettaio vero, per loro incommensurabile fortuna, sa scegliere, dotato com’è di acume, cultura, senso degli affari e passione. Se non fosse quel che è, avrebbe già chiuso. Costui non avrà mai bisogno di essere spronato da clienti che ne sanno più di lui. La sentirebbe come una diminutio.
L’aspirante Autore che voglia mettere in distribuzione in fumetteria un proprio albo deve prima stilare una breve scheda di presentazione, completa di pagine, prezzo, formato – e se non ha potuto stampare in proprio ovviamente si è appoggiato ad una misera Casa Editrice. È Lei in realtà che dovrebbe preparare questi micro comunicati promozionali, ma è piccola, e se ne frega, motivo principale del suo esser piccola. Non guasterebbero a questo stadio altri guardaspalle: un’associaz. culturale, che ne so, una cooperativa, il Rotary locale, ecc., in modo da confermare al distributore l’esistenza dell’Autore – e quindi non sprecherà spazio sul catalogo dedicandolo ad uno spettro – e al tempo stesso garantire il Fumettaio, che evita così di ordinare promesse di Bimbi che si devono ancora mettere al lavoro. La scena è zeppa di fanfaroni e posapiano, che hanno veramente stufato.
Composta la scheda, l’Autore la invia alla redazione del distributore per la pubblicazione sul catalogo. Dopo un ragionevole lasso di tempo il distributore comunicherà all’Autore quante copie i negozi gli hanno prenotato (2? 3?); felice d’averla imbroccata almeno una volta nella vita, l’Autore gliele spedirà via razzo, porto assegnato. Dopo tot mesi proverà a farsi pagare il dovuto margine sulle copie spedite ( il 30%) e, se è un Bimbo tenace, ci riuscirà. Il 30% solamente, dopo tanti sacrifici? Sì: il distributore si tiene il 50% del prezzo di copertina su ogni copia distribuita, e il Fumettaio un altro 20%.
Dopo due o tre tempi di questa partita, se non è testardo quanto un mulo, e se sa fare due conti, l’Autore aspirante Editore forse capirà che se non si fosse mai allontanato dal tavolo da disegno si sarebbe divertito molto di più, avrebbe smadonnato molto meno, avrebbe acquisito ulteriore mestiere, che non basta mai e mai e mai, avrebbe avuto più soldi in tasca, che non bastano mai, mai, mai e non avrebbe perso il rispetto di chiunque lo abbia visto vagolare per le strade, trafitto da mille chiodi: “Dove ho sbagliato, dove ho sbagliato”. I cretini andrebbero mazziati per statuto, ma se si mazziano da soli meglio ancora.
Vediamo di descrivere questo mondicciolo un po’ più da vicino, e ricominciamo. Si capirà perché do del cretino a chi tenta questa strada.
In Italia i fumetti hanno due differenti canali per arrivare al lettore: la distribuzione in edicola, di cui ho già parlato, e la distribuzione in fumetteria. Esistono anche le librerie, gli abbonamenti, il commercio elettronico, ma le loro percentuali sono abbastanza basse, e le assimilerò in blocco allo 0%. Ci sarebbe anche il terzo canale, complementare, delle mostre-mercato di fumetti: per molti piccoli editori le mostre-mercato costituiscono anzi l’unica forma di distribuzione efficace, non tanto in termini economici, ridicoli in un paese dove la gente va alle mostre solo per passeggiare, importunare le commesse, chiedere spillette e cartoline, sfogliare sfogliare sfogliare, quanto piuttosto in termini di visibilità, di cui c’è un bisogno disperato anche in questo settore.
Semplificando al massimo, la distribuzione da edicola, che fa arrivare i fumetti anche negli autogrill e nei supermercati, si basa sul sistema del “conto vendita”: un editore affida i propri fumetti ad un Distributore da Edicola, nazionale o locale, e questi, in cambio di una quota variabile sul prezzo di copertina del “venduto” (in genere il 50%) si impegna a spedire quei fumetti nelle edicole. L’edicolante poi, in cambio di un’ulteriore quota sul prezzo di copertina del venduto (il 20%), provvede ad esporre i nuovi fumetti – sarebbe obbligato a ciò dal contratto nazionale, ma in realtà lo fa solo se ci crede, se è stato informato con una cortese letterina dal Distributore, se ha spazio, se ne ha voglia. Da questo punto di vista, l’edicolante è un vero e proprio irresponsabile. I fumetti che rimangono morti nei chioschi, le maledettissime rese, dopo un certo lasso di tempo, variabile a lunatico capriccio dell’edicolante da meno di 12 ore ad oltre tre mesi, sono restituiti al distributore il quale, in cambio di una piccola penale a proprio favore, li riconsegna all’editore. In questo modo, sia l’edicolante che il distributore sono al riparo dai rischi: se quei fumetti vendono, bene, e se non vendono li rimandano indietro. L’edicolante, attraverso il Distributore che gli sta alle spalle, in teoria dovrebbe sempre poter fornire al cliente una copia esauritasi in edicola, o un arretrato non troppo antico, ma non succede quasi mai. Se ci avete provato, lo sapete anche meglio di me.
Nessuno pone limiti al numero di fumetti da distribuire nelle edicole: più movimentazione, più guadagno. La rogna è degli editori: in Italia ci sono quasi 40.000 edicole perciò, se vogliono infilare almeno un albo in ognuna di esse, dovrebbero stampare fumetti con tirature da almeno 40.000 copie; più edicole si riescono a coprire, più aumentano le possibilità di vendita. Pochi, però, possono permetterselo; i nanoidi e i nanetti sono costretti a tirature più basse, sulle 5.000 copie, diciamo, e già sto esagerando. Il distributore, quindi, non avendo un numero sufficiente di copie per sbarcare in tutte le edicole, e se conserva un minimo di riguardo verso la merce affidatagli, sceglie, in base ai dati di vendita ed alla propria callosa esperienza, di piazzarla per la maggior parte in edicole notoriamente frequentate da Maniaci.
I Distributori da Edicola però non distribuiscono solo fumetti, che rappresentano meno del 10% del loro fatturato, quindi non ci si dannano più di tanto; lo stesso vale per gli edicolanti. Capita così, ad esempio, la stranezza di non trovare mai il nostro fumetto preferito nel chiosco sotto casa, mentre all’edicola dell’altro quartiere ce n’è sempre una quintalata, spesso posta in resa appena arrivata: non è stata nemmeno slegata o disimballata. Ecco perché a volte, nella posta dei lettori, leggiamo i disperati appelli dell’editore che incita a comprare il suo giornalino sempre e solo nella stessa edicola: sta cercando di stabilire una sorta di certezza della richiesta. Sarebbe compito del suo Distributore, in realtà, che però ha capito appena nato come sbattersi significhi solo spendere soldi; meglio far sbattere gli altri.
Tirando le somme, se al botteghino dell’edicola un fumetto si rivela pietoso, l’unico a rimetterci è il suo stupido editore, giustamente stangato per la mancanza di naso. Ma bisogna tener presente che, oltre all’intrinseca qualità del giornalino, la differenza la fa anche la sua tiratura, direttamente proporzionale alle capacità economiche di chi ha voluto metterlo al mondo, punto illustrato con dovizia nel capitolo precedente.
Fortunatamente per loro, gli editori possono sfruttare la tipica, solare visibilità fornita gratis dall’edicola: in quella bolgia di colori, CD, DVD, macchinine, album da colorare, pistole ad acqua, enalotti, grattarole e collezioni per dementi, i Maniaci possono infatti individuare, scegliere e soprattutto sfogliare i fumetti. Potremmo pure chiamarlo assaggio ma, a causa della troppa merda che circola da troppi anni in Italia anche in questo campo, meglio definirla precauzione e, tanto per dirne una, il Maniaco Scottato ha imparato da un pezzo a scartare a priori la roba incellofanata.
Invece in Fumetteria vige la regola della vendita senza resi: il Distributore compra i fumetti dagli editori, poi li rivende ai Fumettai. È, a tutti gli effetti, un vero e proprio negozio: il salumiere non tiene i salumi in conto vendita, e non lo fa nemmeno il Fumettaio.
Allora.
Un Maniaco, fuggito in lacrime dall’edicola, si reca in una delle circa 200 Fumetterie esistenti in Italia, e ordina un fumetto, mettiamo il primo numero di Calzemaglie Volanti (CV #1). Il Fumettaio trasmette la richiesta al Distributore, che provvede all’acquisto di CV #1 presso il suo coraggioso Editore.
Il Distributore nel proprio catalogo ha già pubblicizzato da qualche mese, su diligente e pompatissima indicazione dell’Editore, l’imminente uscita del meraviglioso, innovativo, fresco, epocale CV#1, lo Spaccato-Di-Una-Generazione, come viene presentato nel Catalogo 1. Il meraviglioso, innovativo, fresco, epocale CV#1, lo Spaccato-Di-Una-Generazione, lo definisce il Catalogo 2.
Le Fumetterie, in base alle prenotazioni dei loro clienti, fra tutte ne ordinano mettiamo un 515 copie. Il Distributore può perciò comunicare all’Editore quante esatte copie gli acquisterà; l’Editore ne terrà conto, ma ne stamperà quante gliene parrà. Il Distributore compra le 515 che gli servono – la cifra dell’esempio è dispara perché servono un pochino di copie in più per i magazzini o per fronteggiare un’eventuale supervendita di CV#1, il quale, vantando l’attributo di Spaccato su ben due Cataloghi, ci si attende che almeno un poco spacchi.
Ma già ora affiora l’inghippo. Mentre la distribuzione in edicola è gestita da molte società, e quindi un editore è libero di scegliere quella che gli va o sostituirla con un’altra (Più o meno. Vedi capitolo precedente), la distribuzione alle fumetterie è governata da un solo distributore nazionale, la PAN.
Ce ne sarebbe un altro che si definisce nazionale, la Pegasus, ma provvede principalmente al rifornimento di una serie di librerie di “amici”. Poi infine un altro ancora, la Star Shop, che si definisce nazionale solo perché possiede una trentina di negozi sparsi per l’Italia.
L’editore affida dunque il proprio fumetto “già-venduto” all’unico Distributore da Libreria esistente, la PAN, che in cambio di una percentuale sul prezzo di copertina (il 50%, abbiamo detto all’inizio, se non si ha la fortuna di conoscere qualcuno all’interno, il mitico insider, la talpa), consegna quel fumetto alla Fumetteria che l’ha richiesto, la quale poi, scremandosi un’ulteriore 20%, lo rivende infine al bavoso che l’aveva ordinato. Ribadisco il concetto: 50+20 = 70. Per le sue fatiche, un Bimbo Editore non masticherà mai più di un terzo scarso della torta.
Sono rari i Fumettai che s’arrischiano su giornalini nuovi di case editrici sconosciute o piccole, o che addirittura osano farsi entrare in casa roba non protetta da ordini preventivi. Molti invece quelli che non richiedono fumetti ignoti o strani nemmeno dietro precisa richiesta del cliente – il costo del fax è ritenuto superiore al ricavato di quella copia. Tanti quelli che per celare le proprie mancanze, e pur di non sembrare cioccolatai, accusano distributori ed editori di aver ignorato le loro pressanti richieste; e altrettanti quelli che per non avere troppe rotture di scatole, ma temendo di perdere il cliente, garantiscono che quei fumetti sono esauriti, mentre sanno che il Distributore ne possiede tre ettari cubici, fantastiliardi di copie.
Sepperò qualche Fumettaio eroe fa partire sul serio l’ordine di un giornalino senza pedigree, è allora lui a sentirsi giurare dalla PAN che quell’albetto è esaurito, una patente contraddizione in termini. Essendo la parola della PAN considerata legge, nessuno indaga, o s’attacca al telefono, o semplicemente ragiona: un fumetto ignoto e nuovo, già esaurito? Però poi magari il Fumettaio incontra proprio qualcuno della PAN, magari durante una delle tante mostre-mercato. Magari diventano amici, e magari è invitato per una birra allo stand, e lì nota subito il fumetto esaurito ammassato sui rack, cromati e cigolanti di fatica. Il gestore della Fumetteria da quel momento in poi odierà le proprie orecchie, che han cercato di seminare zizzania tra lui e i gentiluomini della PAN. Cercherà di consolarsi andando a prendere una birra allo stand dell’editore del fumetto esaurito, amico suo da anni. Gli farà i complimenti per il suo esser andato esaurito; grandi, affettuose pacche sulle spalle, ma come fai tutte le volte, diavolaccio, qual è il tuo segreto, ma non reggerà alle rivelazioni sulla PAN fattegli dall’amico editore e che le traditrici orecchie si ostinano a volergli far entrare in testa una seconda volta. Una decennale amicizia è ammazzata lì dove si trova. E a sera, in albergo, toccherà alle orecchie, che saranno otturate con sapone e carta igienica masticata, brutte svergognate, vi libererò tra sei mesi, se non rinsavite e non tornerete alla Vera Fede: la PAN è Santa.
L’interessante caso del fumetto “esaurito-non-esaurito” non è però l'unico fra i tanti che rendono ridicolo ‘sto stivale persino nel ramo distribuzione giornalini: tanto per dirne una, la PAN, oltre ad essere l’unico Distributore nazionale da fumetteria, è anche una casa editrice, che fa capo alla Panini.
Già lo stato di Distributore Nazionale Unico renderebbe la PAN un obbiettivo sensibile per qualche indagine dell’Anti Trust, se mai esistesse e se fosse percossa dalla voglia di lavorare. Ma un distrib/editore che maneggi i prodotti degli altri editori crea un elegante conflitto di interessi, costituendo contemporaneamente un’inelegantissima violazione della legge sulla Privacy: la Panini è a conoscenza dei dati di vendita dell’intera concorrenza fino all’ultimo decimale e fino all’ultimo bancale e, se volesse, potrebbe benissimo sfruttarli a proprio vantaggio, se volesse.
Non basta. Essendo prima di tutto una casa editrice, la Panini con la sua PAN s’impegna a distribuire in maniera professionale e capillare soprattutto i propri fumetti, e poi quelli degli altri. Se un editore alza la voce, chiedendo come mai i suoi fumetti non arrivano alle fumetterie anche se ci sono fior di ordini, la PAN si accuccia sotto lo scudo di quelle stesse leggi che aggira sistematicamente: non posso mica dichiararLe i cazzi miei, Signore, è proibito dalla Legge.
La Panini ha sempre avuto i Super Poteri come core mission, ereditati dalla defunta Marvel Italia; le piacciono tanto, e un povero editorino, se la PAN è inadempiente nei suoi confronti, deve solo adeguarsi, o affidarsi alla Pegasus, che lo tratterà praticamente alla stessa maniera, come vedremo più sotto. Se protesta e fa il matto, i suoi ordini successivi subiranno un misterioso e punitivo ridimensionamento. La PaniniPAN, essendosi guadagnata una posizione prevaricante nella Distribuzione in Fumetteria, e spalleggiata da librai che, pur di un 5% di sconto in più ne eseguono servilmente gli ordini, può decretare chi vive e chi muore, indipendentemente dalla qualità. Anzi, più un fumetto è buono, quindi pericoloso, più la PaniniPAN gli mette i bastoni tra le ruote. Se lo può permettere, perché per anni nessuno ha detto beo.
Con gravissimo ritardo, qualcuno infine ha cercato di far da solo. La Star Comics per esempio ha creato un proprio canale distributivo ma, di nuovo, essendo anche lei una casa editrice, è cascata nello stesso vizio, e si comporta esattamente come la PAN: i propri fumetti hanno la precedenza. E siccome i suoi Star Shop sono appena una trentina, alla fine è costretta pure lei ad appoggiarsi alla PAN per raggiungere altre fumetterie. Lo sforzo prodotto per affrancarsi da un mercato loffio ha solo contribuito a tonificarne la loffieria.
Qualche anno fa è nata poi la Pegasus Distribuzioni, una sorta di cooperativa di fumetterie collegate tra loro da una rete di parentele, amicizie e favori – tu dai una copia a me, io do una copia a te – che fanno capo alla libreria Pegasus di Frattamaggiore, vicino Napoli. Troppo piccola per fare ombra alla PAN, anche lei è stata ben presto costretta a far banda con un editore, la Magic Press, diventandone una sorta di “sottoetichetta” e imitando quindi le cattive abitudini dei suoi due concorrenti: per la Pegasus, infatti, i fumetti della Magic Press hanno la precedenza. Anche in questo caso, essendo poche le librerie rifornite dalla Pegasus, per raggiungere le altre la Magic-Pegasus deve salire sul treno della speranza PAN.
Il rimanente degli editori che distribuiscono i propri giornalini esclusivamente in Fumetteria si accontentano delle briciole lasciate da questi tre soggetti, che sono poi uno solo. Non c’è via d’uscita, probabilmente. Possono arrabbiarsi quanto vogliono, accampare diritti, scrivere email, protestare, ma finché la PAN avrà l’esclusiva della distribuzione, detterà leggi a suo piacimento, libera di decretare la “scomparsa” dei noiosi contestatori dagli scaffali delle fumetterie. Una storia italiana. Azzurra. Panina.

4 commenti:

il Masi ha detto...

Evvai, stavolta sono io il primo a commentare!
Bene, mi piace questa veste nuova.
Del resto, come dicevi tu tanto ma tanto tempo fa, il NUOVO è meglio del DIVERSO!
Stiamo in campana.

! ha detto...

Sì, stai in campana, soprattutto quando vai nelle Fumetterie col tuo Pinturocchio...

Anonimo ha detto...

Salve, grande (kattivo) maestro Scozzari. Sono un tuo ammiratore che si diletta a fumettare, ogni tanto. Dopo aver letto il tuo intervento "LA GRANDE TRUFFA DELLA FUMETTERIA" mi chiedo: c'è una via di scampo? Ovvero: dovessi pubblicare una cosa mia, poi cosa ci faccio? La vendo agli intrepidi davanti alle scuole medie? Rispondimi, per favore, e dammi una speranza.
Almeno tu.
Grazie per l'attenzione.

Betty Veronese

Anonimo ha detto...

Mi dispiace deluderti, ma NON ci sono speranze. Probabilmente, se tu riuscissi mai a raggiungere una qualità eccelsa nel disegno ed una profondità ed una personalità nei temi che svolgi tali da farti segnalare come voce nuovissima e potente nel panorama della merda generale, SOLO allora qualche barlume potresti intravederlo, e certo non in Italia, dove tutto è muortestramuorto. In attesa che arrivi quella potenza, non azzardarti ad uscire di casa. Non pensarci nemmeno. Te lo proibisco.